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Architettura - Arte

Il vivere l’edificio è poesia non l’edificio poesia

Sul rapporto tra le varie arti

(29-08-2019)

 

Definire in modo corretto il rapporto tra le differenti arti in epoca contemporanea è importante poiché ci riporta ad una valutazione dell’edificio visto come partecipazione totale che assume significati diretti e non più mediati da astruse teorie che per la maggior parte delle volte rimangono sconosciute. L’inganno modernista  prodottosi nel tempo dovuto a svariate ragioni storiche, artistiche, economiche e sociali, ha generato tra le persone comuni una certa confusione. Confusione dalla quale non sembrano essere esenti nemmeno gli ambienti accademici (anche se oggi qualcosa di meglio è stato fatto) dove diverse teorie aleggiano tra le aule delle università e nei discorsi delle conferenze. Di fatto queste idee sono prive di una vera concretezza e i loro discorsi non sono supportati da una logica lineare tale da poter indirizzare nella realtà i suoi contenuti.

Si apparecchiano sulla cattedra  e  cominciano a parlare, parlano di progettare architetture legate da aleatorie definizioni che non hanno ne capo ne fine. Concetti che rimangono nella mente di chi li produce e dei poveri astanti che ascoltano parole in confusione perché prive di un pensiero forte e concreto.

Mi è capitato di ascoltare lezioni universitarie, dove si affermava con estrema naturalezza e quasi a volerne sottolinearne l’ovvietà, come nel fare architettura non siano più presenti quelli che noi chiameremo i tre elementi viruviani, ossia  firmitas, utilitas e venustas ma che ad oggi si aggiungono a questi lo spazio e il tempo. Ed allora mi sovviene spontaneo un pensiero; perchè tale affermazione? Come mai si è voluto evidenziare qualcosa che nella realtà era  già presente? Mi spiego meglio, come si può essere così superficiali nel pensare che in tempi passati gli architetti costruissero senza considerare i fattori prima suddetti (spazio e tempo) o senza valutare moltissimi altri fattori che apparentemente non sembrano far parte dei tre elementi vitruviani?

Il perché di questa affermazione che è comune a molti architetti contemporanei sarà meglio evidenziata più tardi, per ora ci limitiamo a spiegare nel modo più semplice possibile perché lo spazio  e il tempo erano  ben presenti anche nelle architetture del passato.

Quindi a sentire le ardite teorie accademiche, nel 1500, per esempio, o in altre date, si era così primitivi da non arrivare a capire la limitatezza dei tre elementi vitruviani, elaborando e costruendo edifici che mancavano dello spazio e del tempo contemporaneo.

Senonchè questa mancanza ha portato a risultati che la storia ci ha lasciato e di cui ne godiamo i benefici ancora oggi, e quindi il tempo  non ne ha esaurito il valore, integrati perfettamente nel contesto occupando lo spazio di cui facciamo parte; quindi tempo e spazio. Eppure sembravano termini appartenenti al contemporaneo e il contemporaneo basandosi su questi nuovi concetti cosa ha creato invece?  Si vedano solo alcuni esempi nelle foto a dimostrazione pratica di quello che si afferma, tanto per rinfrescare la memoria.

 

 

Ma facciamo un passo oltre, proprio per capire, analizzando con accuratezza, le sfumature che i diversi linguaggi possono far intendere aprendoci a nuove discussioni.  Ossia poniamo e diamo per buona l’idea che  tempo e spazio nel contesto attuale si riferiscano all’aspetto poetico dell’architettura, ossia  il raggiungimento di un linguaggio architettonico che esprima una nuova idea di spazio e di tempo intesi come sublimazione della materia che si trasforma in poesia e come tale capace di raggiungere e farci raggiungere vette inesplorate   di piacevolezza. Questo, diranno, intendevamo noi, era quello che mancava nella triade vitruviana delle architetture passate!

Poesia come vita, come piacere, come il tutto, e l’aspetto poetico è indubbiamente nell’architettura stessa trovando spunto da mille cose intorno a noi, e certamente questo nessuno lo può negare.

Una poesia che si trasforma in mura e mattoni. Ma i muri e i mattoni non sono poesia. Il mattone non è certamente un elemento poetico, lo sarà forse l’edificio che sarà costituito da un insieme di mattoni e l’edificio stesso finito non potrà che essere poesia se non nella quotidianità del suo ruolo, nel suo vissuto temporale e non l’edificio = poesia.

Cercherò di spiegarmi meglio, in quanto ritengo questo passaggio  fondamentale e centrale, poiché chiarisce ancor meglio quella confusione che si sta generando tra le varie arti, tali da portare ad un intreccio e accozzaglia di confuse teorie.

Questa che si vuole evidenziare è una tendenza a voler tradurre in immagini prive di mediazione la sensazione poetica facendo strada ad un concetto, ad un tipo di cultura o meglio modo di ragionare che negli anni si è consolidato tale da farlo apparire quasi come una verità scontata e assoluta.  Un modo di pensare che ha influenzato un po’ tutti i campi del sapere che riguardano l’arte e la letteratura.

Fondamentalmente l’assenza di mediazione si riferisce alla volontà di estrapolare il concetto e rendere solo questo l’elemento essenziale dell’opera, senza considerare quelli che ne reggono il significato. E’ un metodo indicato più volte anche nelle aule, dove si afferma che in una poesia più che il modo con cui viene scritta,  l’elemento fondante è il suo significato e per questo superfluo impararla  a memoria. Ho preso questo esempio per trasferirlo nell’architettura in modo da rendere più chiaro quello che verrà in seguito descritto.

Ma andiamo per gradi, anche perché una critica di  tal genere coinvolge una vastità di elementi che si inseriscono e si sviluppano e che sono sicuramente interessanti.

Affermare che gli elementi fondanti e fondamentali dell’architettura sono legati ad eventi poetici ed artistici significa dire che essa si sviluppa e nasce secondo quelli che sono i canoni della nostra cultura, dove un progetto vede un continuo intreccio di elementi formali e  funzionali. La forma può evidenziare l’aspetto funzionale e viceversa. Questo rappresenta il fulcro della progettualità e l’indirizzo a cui fare continuamente riferimento da chi fa questo mestiere.

Fin qui nessuno può mettere in discussione un passaggio del genere. Tuttavia, in riferimento a quello detto in precedenza, nel rapporto funzione-estetica c’è un passaggio che  non viene considerato, oppure c’è un passaggio di troppo, e cioè, come pensano i modernisti, che la forma sia l’elemento essenziale, dove l’edificio che si realizzerà rappresenterà il simbolo stesso della nostra idea.

L’idea diventa realtà, inizialmente rappresentata come schizzo su un foglio da disegno e poi costruita per durare nel tempo. Il segno che traduce l’astrazione poetica tramite una semplice matita è, per la maggior parte dei moderni, più che altro un meta-segno, uno schizzo estremamente schematico che ci indica la forma primitiva, l’idea guida, lo spirito poetico. Quell’unico tratto definito così perentoriamente dall’architetto ci dovrebbe abbagliare e ripercuotersi in chi lo vede in una sorta di gioco di riflessi tra la forma, la persona che la guarda e colui che l’ha creata. Più precisamente quell’aspetto primario voluto dal progettista viene (o dovrebbe) immediatamente percepito dall’osservatore esterno. Stante tale condizione prendiamo atto che la progettazione di quest’oggetto prende forma proprio da quel processo mentale tradotto in quello che abbiamo chiamato meta-segno. La mediazione fornita da altri elementi (materiali, colori, etc) dovrebbe scomparire e quel segno rappresentare il significato principe e di fatto quello che il progetto vuole comunicare.

Questo approccio, come spiegato, è tipico dell’attuale tendenza che pervade per molti aspetti anche le altre arti. Così un quadro o una poesia vengono analizzati e letti estrapolandone il messaggio considerandolo come elemento essenziale e irrinunciabile per definire la qualità dell’opera. Così quella poesia assume rilevanza in quanto fornisce un messaggio trascurando o mettendo in secondo ordine  la struttura e la composizione dello stesso,  ossia quell’aspetto formale che traduce in musica l’accostamento delle parole.

– No miei cari studenti, non c’è bisogno di imparare quella poesia a memoria, capirne il significato è molto più importante. Se anche quest’artista avesse voluto dare quel messaggio sulla base di parole inserite in un ordine ben preciso, dedicando giorni, mesi o anni, noi eviteremo di parlarne perché essendo moderni baderemo alla sostanza più che agli orpelli che vi si frappongono. Musicalità, ordine? Frivolezze inutili, è il messaggio finale che conta. – 

Ma quel messaggio così determinante, lo ritroviamo anche in altri artisti;  ed è lo stesso identico messaggio.  Curioso che ciò che nell’opera consideriamo fondamentale e sostanziale  è lo stesso anche per altre. Quelle poesie così diverse nei modi di esprimersi, nell’accostamento di parole, nella formulazione di frasi, hanno tuttavia messaggi simili se non addirittura identici.

Ma se il messaggio, ossia l’essenza dell’opera è per molti lo stesso,  come possiamo dire che faccia proprio quello la differenza? E nell’ambito architettonico, come può essere quel cerchio così come altri cerchi, che rappresentano il meta-segno progettuale, l’impronta essenziale dell’artista architetto, se questo per sua composizione è identico ad altri?

Ho disegnato un quadrato, ma ci sono mille quadrati, così come mille cerchi e rettangoli.  Oggetti uguali ma in teoria differenti, e dunque cos’è che ne esprime la differenza se questa non la ritroviamo nel meta-segno così come teorizzato dai modernisti?

Se essa non è nella forma generale non rimane che trovarla nelle particolarità del suo costruito.  Così come nella poesia (che gli studenti dovrebbero imparare a memoria per meglio apprezzarla) anche nell’architettura saranno i particolari a fare la differenza.

Il segno a questo punto, dico e affermo essere un aspetto trascurabile, almeno rispetto all’importanza che gli veniva attribuita in precedenza, in quanto da uno stesso segno posso ottenere risultati diversi. E cosa dire dell’assunto iniziale? Quei richiami allo spazio e al tempo espressi nel meta-segno inciso dall’architetto assumono a questo punto tutto un altro significato, perché è il “particolare” ad assumere il ruolo di guida.

Oggi ciò appare strano, ma non in passato,  dove la conoscenza di tutti gli elementi che componevano una struttura architettonica erano perfettamente conosciuti. Fondamentale sarà dunque riprendere uno studio sui materiali, più che sulla loro forma, sugli stili, sui colori, sul modo di comporli, sulle proporzioni e i moduli in modo da scardinare quel processo mentale precedentemente descritto che ha generato e genera ancora solo confusione. Una confusione che si ripercuote intorno a noi, perché quell’idea viene subita dalle persone che usufruiscono del costruito e che spesso ne vengono respinte accentuando quel distacco tra teoria e pratica, tra realtà e sogno.

Ed ecco spiegato perché l’architettura non è poesia, dato che gli strumenti (ossia i particolari) con cui viene realizzata non sono gli stessi di quelli utilizzati per la poesia ma vivere nell’armonia delle sue forme quello si è poetico. Il modernista che chiamerò con un neologismo il modarnista (il modaiolo moderno) invece per indicare la poetica di un edificio lo farebbe a forma di lettere dell’alfabeto, alla ricerca di una assenza di mediazione che per la maggior parte delle volte ha prodotti guasti purtroppo difficili da rimediare.

 

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