(03-03-2019)
Nei passaggi di un ambiente accademico non riuscivo a cogliere il senso di alcuni insegnamenti, ineffabili e irraggiungibili, quasi mistici, pervasi da una bellezza senza limiti; e tutta questa bellezza ci attraeva come in un sogno, e al risveglio la pratica rovinava tutto.
Talvolta continuo a chiedermi come sia possibile che tanta bruttezza possa passare quasi inosservata e se potremo un giorno ristabilire una qualità estetica che nell’architettura ha visto un tale decadimento. Abbiamo tutta questa tecnologia eppure ci aggrappiamo alla storia. Si costruivano cattedrali nel Medioevo e siamo qui a raccattare un intonaco di un colore invece che di un altro magari per risparmiare qualcosa. Ci esaltiamo per qualche ininfluente particolare osservando le architetture contemporanee.
A questo punto affermo che l’architettura è morta, viva l’architettura. Il segno tangibile si ha confrontandosi nel contesto che attualmente appare sempre più pieno di vincoli. Soprattutto negli edifici storici, tutto è vincolato, nulla può essere cambiato della concezione originaria quand’anche fosse di migliore fattura, perchè l’architettura è morta!
Si presuppone che il moderno sappia solo creare delle storture; e come d’altronde dargli torto basta guardarsi intorno. Voi del 900 avete rovinato il paesaggio, devastato l’estetica e ora pretendete di metter parola sul passato? L’architettura è morta; non bastano gli inviti con aperitivo a destare la meraviglia degli astanti nei confronti del contemporaneo. Le vostre sono parole vuote dato che sono i fatti a parlare. Voi architetti occupatevi del nuovo ma lasciate stare il vecchio perchè non sapete progettare, non conoscete l’estetica, fate scempio dell’arte e non potete metter mano a certe opere. Ecco perchè l’architettura è morta. Ci sarebbe molto altro da dire ma per ora lasciamo quest’argomento ad altri momenti ed occupiamoci del segno progettuale in architettura.
Lo sguardo che rivolgiamo al passato è un passo obbligato per poter comprendere quello che ci accingiamo a fare. Volendo costruire qualcosa, che sia una piazza, una villa o un giardino le informazioni e le istruzioni che assorbiamo da chi ci ha preceduti in questi lavori restano e resteranno preziosissime ai fini di un risultato ottimale. Le analisi delle opere antecedenti sono spesso condotte fin nei minimi dettagli nelle questioni che ci interessano proprio per avere i massimi vantaggi dai maestri che da sempre ci ispirano.
La volontà di cogliere profondamente gli aspetti dell’architettura passata va ricercata soprattutto nella riuscita di molte di queste opere, in quanto concretizzano in maniera efficace le intenzioni che le hanno fatte nascere, creando quei poli attrattivi che sono diventati veri e propri simboli, punti di riferimento per una città, che li fa propri inserendoli negli innumerevoli aspetti della vita sociale, a dimostrazione degli egregi risultati conseguiti dagli architetti che nelle opere murarie hanno saputo trasferire i desideri stessi degli uomini. Quei medesimi architetti che a loro volta hanno preso spunto da altri architetti, come noi oggi facciamo, pur nella differenza dei periodi storici.
Sembra dunque che il trascorrere del tempo non abbia intaccato il desiderio di vivere bene, e a Roma questo desiderio è ancora più evidente nelle preesistenze storiche da sempre oggetto di studi ed analisi. Per questo noi oggi troviamo ispirazione dai luoghi che ci circondano e ci sentiamo quasi obbligati a farlo per un senso di attaccamento naturale al passato e alle nostre origini.
Tutti gli innumerevoli esempi presenti a Roma come Piazza Navona, Piazza di Spagna, il Pantheon, ecc. subiscono l’assalto dei visitatori dimostrando nei risultati più concreti la riuscita delle intenzioni progettuali; è in queste situazioni che l’architetto scompare e appare l’uomo avendo l’opera raggiunto il suo compimento.
Alla stessa maniera gli architetti moderni cercheranno di traferire i propri indirizzi progettuali nella realtà avendo cura che anche questi siano accettati come lo sono stati i lavori prima citati. Nascono però situazioni che purtroppo spesso non trovano consensi in quelli che le utilizzano.
Nonostante la volontà ideale di un forte appiglio storico i contrasti che rendono respingenti queste opere spezzano quel rapporto uomo-ambiente-edificio. Le idee presenti, se ci sono, sembrano essere incomprensibili e la conseguenza sta nella inaccettabile realtà che ci si prospetta: il modo dell’architettura moderna non riesce a creare quel legame con la storia che pure è così ricercato.
Pur avendo l’architetto moderno quelle stesse intenzioni che motivarono gli antichi e nonostante non avesse trascurato nulla nella ricerca dei legami col passato il modo dell’architettura moderna tradisce nei risultati i desideri. Nel tragicomico esito dunque ci sfugge un errore e nonostante la ricercatezza dei progetti che vengono proposti traspare la superficialità delle soluzioni che se pur ricercate non sono cercate.
L’aspetto finale di quest’arte, ancora una volta, non lascia scampo alle discussioni teoriche e i luoghi creati dai moderni privi di qualsiasi mediazione, nascono e muoiono nella mente di chi li crea senza mai riuscire a trovare quel legame con gli uomini e il passato. Nono sono questi luoghi capaci di ricreare quelle sensazioni che vorremmo, ne ci interessano, in quanto sembrano respingerci.
Nella semplicità dell’antico stadio di Domiziano (Piazza Navona) troviamo quegli ingredienti che accrescono i valori di questo paesaggio urbano, e i riferimenti che l’architettura moderna raccoglie negli elementi che la compongono dettano i principi del costruire che pare non siano bastati a raggiungere la qualità cercata, a riprova di una incomprensione fondamentale nello studio di una Piazza che ci aiuterà a trovare gli errori di un approccio moderno all’architettura partendo proprio dal suo semplice perimetro.
Intorno a questa forma rimasta intatta nel tempo si sono susseguiti una serie di edifici e di elementi architettonici che spiccano particolarmente per il loro valore artistico; essa non è dunque nata dall’idea di un architetto; la composizione nel suo insieme, la sua forma non è il parto di una mente che a tavolino ha deciso che fosse come noi oggi la troviamo; essa rappresenta semplicemente il contorno di uno stadio che i romani usavano per i loro divertimenti. Certamente gli edifici che circondano questo segno sono il frutto spesso di famosi architetti, ma per come noi oggi intendiamo progettare nell’architettura moderna, il segno di questo spazio non ha avuto nessun ideatore.
La sua bellezza incorniciata in questa semplice forma rettangolare sembra sbeffeggiarsi degli astrusi intrecci della modernità più spinta; l’idea di questo luogo che non nasce dal segno di un architetto non può che essere nella piazza stessa!
E dunque se tale forma è inespressa nella mente è il luogo stesso che la esprime.
La riflessione non ci da una risposta definitiva alla distanza mai colmata di un’architettura moderna che vorrebbe stabilire un’intesa simile tra l’uomo e il costruito ma ci può indicare per il momento che un segno senza pretese può invece arrivare dove le ricerche contemporanee pur nella loro grande complessità latitano in quei fondamentali requisiti del vivere.
Si apre così già un contrasto sostanziale che vede dunque nell’approccio due segni diversi, trovando conferma nell’effetto finale. Gli intrecci planimetrici che appaiono sul foglio ci esaltano, salvo poi nella realtà rivelarsi in tutta la loro miseria, cupi e rovinati dal tempo che ne accresce il degrado.
E’ questo il risultato, semplice, diretto, senza troppe teorizzazioni. Voi architetti del 900 avete creato questo ed è comprensibile la paura che si ha a farvi intaccare le opere del passato. Non capite l’importanza della mediazione di un’opera, fondamentale presenza in tutti quegli elementi che la fanno integrare perfettamente nel contesto, non solo fisicamente ma sopratutto socialmente, di modo che nel tempo diventi essa stessa parte della vita della comunità che la utilizza. Riemergono così i concetti già espressi di simmetria, di altezza, di rapporti geometrici e in questo caso di forma.
Attraverso il suo bagaglio di conoscenze d’ anatomia, ottica e geometria Leonardo arricchi l’intuizione vitruviana, arrivando a un modello proporzionale che rappresentava il piu alto segno dell’armonia divina, “colta e condivisa dall’arte suprema del
alcune delle considerazioni dell’articolo , sono vecchiotte, se ne parlava in epoca postmoderna ( genius loci ,la città per parti ecc) Eppure anche nel passato gli architetti progettavano , basandosi sui segni, sul disegno, spesso geometrico, Certo semplifico ,ma cos’altro faceva Palladio, cosa il Bernini? segni nuovi in un antico contesto, a volte del tutto avulsi a volte integrati. Tutti gli architetti sanno che bisogna tener conto del contesto, ma data la attuale discontinuità di linguaggio , risulta oggi più difficile, a volte impossibile. Negli anni ’80 si è cercato di inserirsi attraverso la citazione, il “riferimento” più o meno ironici , la ripresa dei tracciati, dei segni antichi, con risultati altrettanto discutibili. A volte l’operazione riesce altre volte no, come è sempre successo. E’ la storia dell’architettura